Il chiudere le vostre porte
non ci chiuderà mai fuori.
Il chiudere le vostre porte
può solo chiudervi dentro
(John Trudell – Cuore di tuono- Sioux Santee)
L’assembramento di persone che hanno risposto all’appello del Coordinamento antifascista Biellese comincia ad invadere il giardino e la parte della piazza Lamarmora su cui si affaccia la Villa Schneider, dove il fascismo del passato ha dato le peggiori prove di sé in città nei venti mesi della Lotta di Liberazione. I compagni che giungono da Varallo sono furenti: “Siamo andati a bere un caffè nel bar lì all’angolo: lo sapete che ci sono due con la camicia della Decima Mas?”. Si minimizza: “Loro in due noi trecento” perché se appena scoppia una scintilla domani i media ne parleranno come di un grande incendio che oscurerà la marcia di oggi. A portare il benvenuto sul cancello della Villa, e a dare un senso di continuità storica, la Partigiana Lea Gariazzo, ed i Partigiani Franco De Marchi “Mela” ed Efrem Galliera “Orlando”.
La maggioranza dei presenti è sconosciuta a quelli che scendono in piazza da anni: sono giovani, donne, individui uno diverso dall’altro per cultura, appartenenza (anzi sarebbe meglio dire per mancanza di appartenenza) partitica. Sono cittadini quietamente indignati e preoccupati, ma soprattutto determinati a reagire all’ondata di razzismo e fascismo che pervade la quotidianità. Che vogliono farsi sentire, e che non temono di essere considerate antipolitiche perché usano la strada e la piazza come strumento per denunciare bisogni ed esprimere richieste. Persone che non vogliono continuare a credere nella dignità e nel rispetto.
Apre gli interventi Luciano dell’ANPI con alcuni brevi cenni storici ed una sottolineatura dell’ultima “impresa “di Casa Pound di ieri sera a Bari, e poi riporta la volontà dell’ANPI nazionale di costituire un Osservatorio permanente su Razzismo e Fascismo. Ora si possono srotolare gli striscioni, innalzare bandiere e cartelli, alcuni seri e diversi altri che la mettono sullo scherzoso. In breve questa marea variopinta si fa Marcia lungo la stretta via Gramsci. Ci si incammina lentamente, la strada sarà lunga, oltre i due chilometri e mezzo di oggi, bisogna saper programmare bene gli sforzi, seguendo le note sulle ruote del furgone ( mi dicono che si deve dire Sound System) guidato da Valter, alla cui regìa siede (anzi, cammina a fianco) Luca. La musica sparata alta attira i cittadini incuriositi (distratti, timidi o contrari alla nostra iniziativa? Ci interrogheremo su questo) ma non ne cattura granchè.
Riempire via Italia non è un problema, in Piazza Vittorio Veneto si fa la prima fermata per dare la voce ad Anita, che ci apre una finestra sull’omofobìa, e ad Alessandra, Cristiana e Viola che affrontano il sessismo dal punto di vista delle donne.
Si riparte, il colpo d’occhio su via Torino è una visione di cui dubitavamo fino a poco fa, e ci fa sciogliere alcune tensioni: che bei colori ha oggi Biella, sarebbe stato un vero peccato lasciarla del solito grigio senza attraversarla!
In via Addis Abeba ci accorgiamo che la strada così larga ci fa un cattivo servizio, sembriamo meno di quanti in realtà siamo, qualcuno ci dice che dovevamo fare gli striscioni più larghi per riempirla tutta. Ci fermiamo per far raccontare a Sonia le difficoltà e le esperienze di accoglienza alle persone che vengono qui per cercare una vita migliore (o forse, solo per poter vivere).
Raggiunta via Galimberti, Marco tratteggia i caratteri dei nuovi fascismi. La Marcia ha cominciato a sfoltirsi, siamo alle soglie delle due ore di cammino. Daniela sale sul camion e ci illustra una mappa dei bisogni della città e della sua composizione sociale.
In via 53° Fanteria chiude gli interventi Nicolò, che ringrazia i partecipanti e conferma che questo è solo l’inizio di un percorso, dando appuntamento ai prossimi impegni.
L’ultimo tratto ci porta nell’area dello Skate park. Ci si può permettere qualche spiritosaggine, tipo l’invito (una delle poche cose di oggi che arrivano dall’altro secolo a pensarci bene): –Chi non salta Salvini è– che viene accolto da quelli che hanno preso così tante botte da non ricordarle tutte con una vecchia battuta di Cipputi: Non abbiamo più la schiena di una volta. Ora sul camion ad eseguire musica dal vivo salgono il gruppo multietnico dei Metissage e altri rappers, mentre le bandiere e gli striscioni tornano nei loro foderi. Ci si saluta, ci si lascia momentaneamente, ma si sa di ritrovarsi da domani su foto postate sui social, sui messaggini e nelle mail. C’è soprattutto la percezione che saremo capaci a continuare, e che in questi compagni di viaggio c’è una consapevolezza condivisa: che sarà un impegno molto piacevole, anche se abbastanza faticoso, non perderci di vista al fine di valorizzare questa nostra diversità così fruttuosa. Sappiamo anche che dovremo lavorare per allargare gli inviti a chi vorrà entrare nel Comitato in formazione, e che finora, per tanti motivi, ma nessuno insuperabile, ne è rimasto fuori.
Restare umani, come abbiamo fatto questo pomeriggio, è un dovere per cui è valsa e varrà la pena spendersi.
Luciano Guala
ANPI Provinciale
Di ritorno dalla Marcia Biella Ribelle Antifascista Solidale