Abbiamo appreso della morte di Luigi Moranino “Pic” ai primi di febbraio, comunicata a funerali avvenuti. Era nota la sua riservatezza, e l’assoluta assenza di ogni tipo di protagonismo del suo carattere.
Nato nel 1925 iniziò ad “essere partigiano”, e non solo a farlo, con i compagni del suo paese di Tollegno, che formarono le prime bande sul Monte Cucco. Nonostante la giovane età, in breve tempo conquistò ruoli di primaria importanza.
Una tappa fondamentale che segnò un punto di svolta nel partigianato locale fu quella di Rassa, nel tragico 13 marzo in cui persero la vita diciotto Partigiani, fra cui una donna, Nella Pastorello. Lui ne fu testimone e riuscì a salvarsi, e, dopo la discesa in pianura ed il successivo ritorno in montagna, raggiunse il prestigioso ruolo di vice commissario politico della 2.a Brigata, a riprova della sua preparazione e della sua autorevolezza fra i combattenti.
A guerra conclusa, seppe coniugare la teoria della sua visione del mondo con l’impegno quotidiano, come militante del Partito Comunista Italiano, e come dirigente dell’ANPI Provinciale, quando ancora comprendeva Biellese e Valsesia.
A metà degli anni Novanta assunse pure la carica di vice-presidente dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese ed in Valsesia, con il quale collaborò per lunghi anni.
Ha pubblicato diversi libri sulla Resistenza, collaborato alla rivista l’Impegno, ed ha anche curato il volume “Le donne socialiste nel Biellese 1900-1918”, a dimostrazione della sua grande curiosità intellettuale, della sua sete di conoscenza e della capacità di trasmetterla. La sua figura, la serietà del suo sguardo, il suo attraversare la città con la sua inseparabile bicicletta rossa mentre si reca alla Biblioteca quotidianamente per leggere i giornali e continuare le sue ricerche/studi sul Movimento operaio e sul Partigianato ci restituiscono l’immagine di una persona che non si fermava alla superficie ma voleva e sapeva entrare con la propria intelligenza all’interno di quel fenomeno così complesso, difficile ed inesplorato che è la Storia.
A noi piace ricordarlo quando il 28 aprile 2016 venne alla consegna della Medaglia della Liberazione: fu quella l’ultima irripetibile occasione in cui si ritrovarono compagni che condivisero momenti difficili, ma che diedero forma e sostanza alla nascente Costituzione ed alla nostra Repubblica.
E ci torna alla mente quella volta in cui, emozionati, ci recammo con lui, crediamo per l’ultima sua volta, a Rassa, qualche anno fa. La cosa che colpì fu vedere nei suoi occhi la tristezza come se quella strage fosse avvenuta da poco. Era profondamente legato a tutti i Caduti della Lotta di Liberazione, ma per alcuni conservava ancora un dolore acuto e presente, senza tempo.
Ricordiamo in particolare la sua amicizia e il suo attaccamento per “Okai” (Antonio Botta), uno dei caduti durante la battaglia all’Alpe Oro di Trivero, sulle pendici del Bocchetto Sessera. Il non dimenticare comporta anche che il dolore non si attenui mai. Fu di poche parole anche allora. Il nostro abbraccio alla moglie ed alla figlia.
A lui, non rimane che dire: grazie!
Per ANPI provinciale
GianFranco Barile – Luciano Guala
E’ vero che la storia la scrivono i vincitori, accade dai tempi di Erodoto; ed è vero che i vinti faticano a prendere la parola per decenni. Questo non giustifica l’uso strumentale e ideologico (politico) della storia e tanto meno le approssimazioni e le falsificazioni!
Il Comune di Biella commemora il “Giorno del ricordo” nella Biblioteca Civica con l’intervento di Emanuele Merlino, presidente del Comitato 10 febbraio, un campione del nazionalismo identitario, regista teatrale e coautore di un fumetto (non certo storico) sulla tragica vicenda di Norma Cossetto.
Il “giorno del ricordo” è stato istituito per legge nel 2004. Nel testo della legge si afferma la necessità di approfondire la conoscenza delle “più complesse vicende del confine orientale”, ma è diventato l’occasione per commemorare i morti italiani vittime della Guerra di liberazione slovena e croata contro i nazifascisti: si focalizza l’attenzione sulle cosiddette vicende delle foibe e dell’esodo, senza considerare che prima di questi fatti sono avvenute molte altre cose, come i vent’anni di politica fascista che ha “snazionalizzato” le popolazioni slovene e croate dei territori annessi con il trattato di Rapallo del 1920 e poi occupati, con la deportazione di intere popolazioni in campi di concentramento e poi nei lager nazisti.
Qualcuno può pensare che quelle terre conquistate fossero il segno della grandezza dell’Impero italiano ai tempi del fascismo. Ma non ci fu nulla di grandioso in quella storia, perché provocò una lotta di Resistenza durissima delle popolazioni slave contro gli italiani “fascisti e invasori”, una guerra feroce che fece anche vittime innocenti, come in tutte le guerre.
Per ricordare non si possono inventare immaginarie “identità italiane millenarie”, come fa il signor Merlino, almeno che si intenda spostare la data della nascita dell’Italia all’Impero Romano oppure alla presenza della potenza commerciale di Venezia.
La storia è una cosa seria e non la si può plasmare a piacimento. Bisogna distinguere tra storia e memoria: la storia è una materia scientifica, una raccolta di fatti inequivocabili: le interpretazioni e le valutazioni possono poi essere diverse, ma è un dato di fatto, ad esempio, che il 28 ottobre si compì la Marcia su Roma, evento che per i fascisti rappresenta una giornata di festa, mentre per gli antifascisti la fine della democrazia; così come il 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione dal nazifascismo è per i nazifascisti giornata di lutto.
La verità storica non si può imporre con una legge dello Stato… Non si possono improvvisare i numeri degli infoibati e farli diventare fatto storico: lo stesso Merlino nel suo spettacolo parlò di 20.000 infoibati, mentre nel fumetto dice “oltre diecimila”! E il suo sodale Salimbeni scrive: “2.500 persone forse non sono state gettate tutte quante nella vecchia miniera di Basovizza, ma sicuramente fra Basovizza, Monrupino, Abisso Plutone, Corgnale ed altri abissi della zona il quantitativo dei morti può raggiungere tale cifra” . Non si possono confondere i nazifascisti uccisi o giustiziati dalla lotta partigiana slovena e croata con le vittime innocenti delle vendette famigliari tragedia di tutte le “guerre civili” e parlare così di “violenza di massa”. La guerra è crudele sempre, noi, oggi, abbiamo il compito di capirne le cause e le dinamiche per trovare una ragione per non fare più guerre!
Anche la vicenda dell’”esodo italiano” dalle terre occupate, dell’Istria e della Dalmazia, deve essere ricondotta a ragione storica, senza tacere la drammaticità dei fatti, le responsabilità primarie del Fascismo e l’indifferenza ipocrita dei governi democristiani degli anni ’50, che hanno utilizzato in chiave elettorale gli insediamenti “ghettizzanti”, abitati da quei profughi, distribuiti nelle periferie delle città di frontiera e delle grandi città del nord e del centro Italia.
Nessuno può dirsi imparziale davanti alla storia, perché essa ci riguarda sempre, anche ad anni di distanza, ma le Istituzioni repubblicane non possono affidare ad una persona priva degli strumenti rigorosi della ricerca storica, presidente di un Comitato che ha legami con le culture delle destre sovraniste europee, nazionalista e nostalgico del “glorioso impero”, una commemorazione pubblica ufficiale in una Biblioteca civica!
05/02/2020
Coordinamento Biella Antifascista
ANPI Comitato Provinciale Biellese
ARCI Biella Ivrea Vercelli
Programma
Ore 10:00 Piazza San Giovanni Bosco, ritrovo dei partecipanti
Ore 10:15 Deposizione corona di alloro, Orazione ufficiale
Ore 10:45 Chiesa di San Cassiano, Santa Messa
LA FUCILAZIONE DI PIAZZA SAN CASSIANO
Programma
Ore 11:00
Celebrazione della Santa Messa presso la Chiesa parrocchiale
Ore 11:45
Deposizione corona d’alloro presso il cippo funerario (bivio tra Torrazzo e S.P.338 Biella-Ivrea)
Intervento delle Autorità e orazioni ufficiali:
Presidente del Comitato Provinciale Biellese dell’A.N.P.I. Avv. Gianni Chiorino
Vicario Generale Canonico Don Paolo Boffa Sandalina
Presenzieranno anche gli alunni della classe 5^ Scuola della Serra
“C’è un monumento nei pressi dell’incrocio tra la strada provinciale che da Zubiena conduce a Ivrea e quella che porta al paese di Torrazzo: si tratta di una costruzione semplice, costituita da un muro di blocchi di pietra delimitato da due colonne, anch’esse in pietra, al cui centro sta una lapide di granito che riporta questa incisione: “Qui cadde mitragliato / da cieco furore di mano sacrilega / don Francesco Cabrio / neo prevosto di Torrazzo / immolando le primizie del suo monastero / a conforto e salvezza dei suoi figli/ vittima di barbara guerra fratricida”.
Il monumento in questione sorge sul punto esatto in cui, il 15 novembre 1944, morì don Francesco Cabrio, parroco trentunenne di Torrazzo, dopo essere stato colpito da una raffica di mitra sparatagli alle spalle da un ufficiale fascista della divisione Littorio…”
https://www.frammentidistoriabiellese.it/resistenza-e-guerra-civile-1943-1945/don-francesco-cabrio/
Per SERGIO BORAINE (1923-2019)
Sergio non è stato un Partigiano combattente, ma ha lottato contro il Fascismo nelle file delle Squadre d’Azione Patriottica, le Sap. Ricordiamo i compiti di questa Brigata con le sue parole, che ha pronunciato durante la commemorazione dei 21 Martiri in occasione del 72.mo anniversario della fucilazione del 4 giugno del 1944.
“A quell’epoca avevo 20 anni e da alcuni mesi ero stato assunto come impiegato amministrativo in una azienda tessile in Biella che produceva in massima parte panno militare per l’esercito, pertanto ero munito di una tessera lasciapassare per i posti di blocco repubblichini sparsi in più alla periferia della città, e di un documento attestante l’esonero da obblighi militari, rilasciato dal Comando tedesco insediato all’Albergo Principe in via XX Settembre. Valutando questa mia rassicurante posizione, decisi di con altri compagni di far parte delle SAP (Squadre d’Azione Patriottica) che operavano in città, consapevole dei compiti molto rischiosi. Informai i dirigenti dell’azienda ed ottenni il benestare per la mia presenza al lavoro solamente per 4 ore giornaliere. I nostri compiti erano molteplici, ad esempio: collegamento con le formazioni partigiane, tramite le staffette, circa i movimenti e i possibili rastrellamenti delle truppe fasciste e tedesche – incontri col CLN locale per disporre aiuti finanziari al movimento resistenziale – segnalazioni alla Polizia partigiana di persone sospette di spionaggio – affissioni di manifesti murali invitanti alla rivolta popolare e diffusione di volantini e giornali clandestini – trattative con l’apporto del Clero per lo scambio di prigionieri partigiani e tedeschi – interventi studiati e predisposti per l’evasione di partigiani feriti ricoverati in Ospedale con la complicità di Medici e Suore – incontri in luoghi segreti all’insaputa dell’autorità fascista con i Sindacati clandestini, le Commissioni Interne delle fabbriche e rappresentanti degli industriali con il tacito assenso della U.I.B. Unione Industriali Biellesi, allo scopo di ottenere aumenti salariali e la disponibilità delle grandi aziende a istituire spacci alimentari – raccolta fra le maestranze di offerte in denaro destinate ai partigiani per le loro necessità giornaliere e invio di quantitativi di tabacco prelevato da un Distributore clandestino in città”.
Fu in quella cerimonia che ci indicò la piccola finestra rotonda di un palazzo – dal colore nocciola chiaro – che si affaccia sul lato sud della piazza da cui vide l’esecuzione. Con una nota di sdegno nella voce ci sottolineò la responsabilità di Giorgio Almirante – torturatore e massacratore di Italiani – di cui in quel periodo si parlava per la proposta indecente del Partito Fratelli d’Italia di intitolargli una via a Roma.
Oltre ai meriti per questa sua preziosa attività clandestina nella SAP, Sergio si era dedicato all’ANPI. Per tanti anni ha tenuta aperta la sede di via Ivrea, ne era diventato il Segretario, vero punto di riferimento per tutti noi delle Sezioni in tema di gestione amministrativa e proselitismo. Alla sua costante presenza, alla sua umiltà ed alla sua tenacia, si deve gran parte del merito di avere traghettato l’ANPI provinciale dai grandi testimoni come lui della Lotta di Liberazione verso la nostra generazione definita quella dei testimoni dei testimoni. Ricordiamo in modo speciale il suo grande desiderio, trasformatori in richiesta concreta verso le Amministrazioni locali, di portare la sede del Comitato provinciale nella Villa Schneider: impresa riuscita nel gennaio dell’anno scorso, quando però le sue condizioni di salute non gli hanno permesso di partecipare all’inaugurazione.
Ancora recentemente ci ha fatto il grande dono di consegnarci diversi documenti sulla Resistenza appartenenti al fratello Fortunio, importante figura del Comitato di Liberazione Nazionale, ed infine di partecipare alla celebrazione del 4 giugno di quest’anno.
Al tempo che viviamo del travisamento della realtà, delle grida per imporre il proprio pensiero, della mancanza di rispetto per chi la pensa in modo diverso dal nostro, la figura signorile di Sergio ci appare una figura degna di essere portata ad esempio delle giovani generazioni, ed anche, e forse a soprattutto, a quelli che usano impropriamente termini come patriota, sovranità popolare, onore e dignità.
Nel darti l’addio Sergio, ti promettiamo che lavoreremo perché le parole ritornino ad avere il senso per cui sono nate. Se ci riusciremo, sarà anche grazie al valore che ad esse la tua vita e le scelte delle persone come te hanno dato. Se non ci riusciremo, continueremo a lavorare perché l’ANPI possa diventare, come desideravi tu, la casa di tutti gli antifascisti. Una casa in cui la tua presenza continuerà ad essere sentita e apprezzata.
Ciao Sergio, grazie di tutto.
Biella, 13 novembre 2019