Archivio per Febbraio 2020

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CONUNICAZIONE IMPORTANTE: RINVIATA LA PRESENTAZIONE DEL VOLUME “SUD E RESISTENZA”

23 Febbraio 2020

In ottemperanza alle disposizioni sanitarie che sospendono in Piemonte tutti gli eventi e le manifestazioni di ogni genere, all’aperto e al chiuso, che prevedono l’assembramento di persone, la presentazione del libro Sud e Resistenza – in programma martedì 25 febbraio p.v. alle ore 18:00 a Villa Schneider – è rinviata a data da definire.

 

 

 

 

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«…PER ME, NON POTEVA CHE ESSERE COSÌ»

21 Febbraio 2020

Saluto a Vanda Canna
del Comitato Provinciale di Biella dell’ANPI.

Con la passione che metteva in tutto ciò che faceva, Vanda fu una dirigente molto attiva dell’ANPI provinciale di Biella, che, come si può ancora intravvedere sul labaro che abbiamo portato qui oggi, all’epoca comprendeva anche la Valsesia. Le sue traversate sulle nostre montagne le aveva permesso la conoscenza di Partigiani e Staffette che non conosceva confini. Cosa possiamo dire qui di te Vanda? Come sempre succede in situazioni come questa, la figura e gli atti della persona che vogliamo salutare per l’ultima volta si accavallano nei nostri pensieri in un insieme di ricordi, di momenti vissuti insieme, di affetti, di esperienze che sono molto difficili da districare. Raccontare Vanda a chi non l’abbia conosciuta è un compito arduo: condivido con voi il dilemma se sia stata donna di una straordinaria normalità, o non piuttosto di una normale straordinarietà.

Di certo non è stata semplicemente una Staffetta Garibaldina. Lo capivamo quando, ospite a casa sua a Borgosesia, ci vedevamo accolti dall’effigie bronzea di Matteotti che sembrava prenderci per mano per introdurci nel Novecento migliore. Dentro quel salotto, con l’immancabile gatto, fra quelle vetrate Liberty, noi ci sentivamo così inadatti ed insignificanti di fronte agli eventi storici che Vanda e le persone come lei avevano vissuto in prima persona, diventandone protagonisti, a volte loro malgrado. Capivamo come fosse ancora colpevolmente in ombra il valore, la forza delle donne all’interno della Lotta di Liberazione, che combattevano su più fronti: la cura e l’assistenza dei Partigiani e dei familiari, la conservazione del proprio lavoro, l’attività di staffetta, fino in tanti casi alla latitanza.

Vanda ci sorprendeva tirando fuori il suo diario, un piccolo quaderno prezioso, e partiva con i suoi racconti, e non la si poteva più fermare, come un fiume in piena, come la büra. Ma a differenza della büra, dove l’acqua è scura, e trasporta ogni genere di detriti, le parole in piena di Vanda erano sempre limpide, e si poteva vederne il fondo: Aranco, Alpe del Frà, Cellio, Castagneia, L’Artignaga, Donato, Baltigati di Soprana, l’Oro della Lamma disegnavano quelle geografie che Calamandrei ci ha invitati a conoscere, e noi cerchiamo di far riscoprire. Parole che riempivano un universo di scarponi, di biciclette, di messaggi, di fame e di freddo in nascondigli impensabili. Parole da cui non si alzava mai l’odore acre del fango, dell’odio e meno che mai della vendetta.
Inevitabilmente emergeva la fìgura di suo padre, Antonio, il Sciur Togn, come ci diceva e spero di nominarlo correttamente, materassaio socialista che fu costretto a lasciare la natia Milano per motivi politici, e della mamma, mondina di Cerano nel Novarese, venuta a Borgosesia operaia nella Manifattura. Ci raccontava di Miliuccia, la prima staffetta garibaldina di Moscatelli, e del fratello Beppe che accompagnava gli ex-prigionieri di guerra da Jocu Chiara, guida alpina di Alagna che li aiutava ad attraversare il Monte Rosa per riparare in Svizzera. Ed anche del suo triplice nome Vanda Desdemona Zemira, di cui ci pare andasse molto fiera, nonostante si schermisse nel dirlo. Inevitabilmente, di qualsiasi argomento si parlasse, si finiva sempre sulle storie dei Partigiani Georgiani, del mitico Pore Mosulishvili, conosciuto a Coggiola, che fu catturato a Lesa sul Lago Maggiore, e del suo legame forte con la Georgia che non si è mai spento. Ce lo ricordò ancora alla fine dello scorso ottobre nell’ultimo incontro che avemmo con lei. Non so per quale fatalità, ma non posso non pensare al fatto che fra poco Vanda nel suo ultimo viaggio passerà proprio dalle parti dove Pore trovò la morte.

Una seconda Resistenza di Vanda può essere definita la sua inesausta attività nelle Scuole del Biellese e del Vercellese. Trovava sempre la forza e l’energia per andare dagli studenti a raccontare la sua vicenda, catturando attenzione e suscitando riflessioni. Generazioni intere di ragazzi e di ragazze sono state letteralmente calamitate dalle sue parole, dal suo porsi in modo anti-eroico. A chi le chiedeva perché scelse di essere una staffetta, una combattente, rispondeva con una semplicità disarmante: “Per me, non poteva essere che così”, ma detto con orgoglio e consapevolezza estrema, e non con la rassegnazione che una lettura superficiale potrebbe far supporre. E poi, a chi le chiedeva del rapporto fra la violenza e la lotta armata, dopo un attimo di silenzio il suo sguardo si faceva severo ed affermava “Non sono mai stata d’accordo con chi diceva che bisognava ammazzarli tutti, non ho mai sopportato le armi e non le ho mai usate: abbiamo lottato per poter ragionare, per poter parlare”.

L’ANPI di Biella, chi ti ha conosciuta, ti saluta così, Vanda, con una parola sola, e tu sai quanto sia difficile per noi e per me pronunciarle in questo giorno di febbraio: grazie!
Per Comitato provinciale Biella ANPI
Luciano Guala

Borgosesia, 20 febbraio 2020

V. Canna

 

 

 

 

 

 

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SUD E RESISTENZA: STORIE MAI RACCONTATE

20 Febbraio 2020

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A “PIC”, CHE SAPEVA ENTRARE DENTRO LA STORIA

13 Febbraio 2020

Abbiamo appreso della morte di Luigi Moranino “Pic” ai primi di febbraio, comunicata a funerali avvenuti. Era nota la sua riservatezza, e l’assoluta assenza di ogni tipo di protagonismo del suo carattere.

Nato nel 1925 iniziò ad “essere partigiano”, e non solo a farlo, con i compagni del suo paese di Tollegno, che formarono le prime bande sul Monte Cucco. Nonostante la giovane età, in breve tempo conquistò ruoli di primaria importanza.

Una tappa fondamentale che segnò un punto di svolta nel partigianato locale fu quella di Rassa, nel tragico 13 marzo in cui persero la vita diciotto Partigiani, fra cui una donna, Nella Pastorello. Lui ne fu testimone e riuscì a salvarsi, e, dopo la discesa in pianura ed il successivo ritorno in montagna, raggiunse il prestigioso ruolo di vice commissario politico della 2.a Brigata, a riprova della sua preparazione e della sua autorevolezza fra i combattenti.

A guerra conclusa, seppe coniugare la teoria della sua visione del mondo con l’impegno quotidiano, come militante del Partito Comunista Italiano, e come dirigente dell’ANPI Provinciale, quando ancora comprendeva Biellese e Valsesia.

A metà degli anni Novanta assunse pure la carica di vice-presidente dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese ed in Valsesia, con il quale collaborò per lunghi anni.

Ha pubblicato diversi libri sulla Resistenza, collaborato alla rivista l’Impegno, ed ha anche curato il volume “Le donne socialiste nel Biellese 1900-1918”, a dimostrazione della sua grande curiosità intellettuale, della sua sete di conoscenza e della capacità di trasmetterla. La sua figura, la serietà del suo sguardo, il suo attraversare la città con la sua inseparabile bicicletta rossa mentre si reca alla Biblioteca quotidianamente per leggere i giornali e continuare le sue ricerche/studi sul Movimento operaio e sul Partigianato ci restituiscono l’immagine di una persona che non si fermava alla superficie ma voleva e sapeva entrare con la propria intelligenza all’interno di quel fenomeno così complesso, difficile ed inesplorato che è la Storia.

A noi piace ricordarlo quando il 28 aprile 2016 venne alla consegna della Medaglia della Liberazione: fu quella l’ultima irripetibile occasione in cui si ritrovarono compagni che condivisero momenti difficili, ma che diedero forma e sostanza alla nascente Costituzione ed alla nostra Repubblica.
E ci torna alla mente quella volta in cui, emozionati, ci recammo con lui, crediamo per l’ultima sua volta, a Rassa, qualche anno fa. La cosa che colpì fu vedere nei suoi occhi la tristezza come se quella strage fosse avvenuta da poco. Era profondamente legato a tutti i Caduti della Lotta di Liberazione, ma per alcuni conservava ancora un dolore acuto e presente, senza tempo.

Ricordiamo in particolare la sua amicizia e il suo attaccamento per “Okai” (Antonio Botta), uno dei caduti durante la battaglia all’Alpe Oro di Trivero, sulle pendici del Bocchetto Sessera. Il non dimenticare comporta anche che il dolore non si attenui mai. Fu di poche parole anche allora. Il nostro abbraccio alla moglie ed alla figlia.

A lui, non rimane che dire: grazie!

Per ANPI provinciale

GianFranco Barile – Luciano Guala

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GIORNO DEL RICORDO: CON LE VITTIME, OLTRE L’USO STRUMENTALE DELLA STORIA!

6 Febbraio 2020

E’ vero che la storia la scrivono i vincitori, accade dai tempi di Erodoto; ed è vero che i vinti faticano a prendere la parola per decenni. Questo non giustifica l’uso strumentale e ideologico (politico) della storia e tanto meno le approssimazioni e le falsificazioni!

Il Comune di Biella commemora il “Giorno del ricordo” nella Biblioteca Civica con l’intervento di Emanuele Merlino, presidente del Comitato 10 febbraio, un campione del nazionalismo identitario, regista teatrale e coautore di un fumetto (non certo storico) sulla tragica vicenda di Norma Cossetto.

Il “giorno del ricordo” è stato istituito per legge nel 2004. Nel testo della legge si afferma la necessità di approfondire la conoscenza delle “più complesse vicende del confine orientale”, ma è diventato l’occasione per commemorare i morti italiani vittime della Guerra di liberazione slovena e croata contro i nazifascisti: si focalizza l’attenzione sulle cosiddette vicende delle foibe e dell’esodo, senza considerare che prima di questi fatti sono avvenute molte altre cose, come i vent’anni di politica fascista che ha “snazionalizzato” le popolazioni slovene e croate dei territori annessi con il trattato di Rapallo del 1920 e poi occupati, con la deportazione di intere popolazioni in campi di concentramento e poi nei lager nazisti.

Qualcuno può pensare che quelle terre conquistate fossero il segno della grandezza dell’Impero italiano ai tempi del fascismo. Ma non ci fu nulla di grandioso in quella storia, perché provocò una lotta di Resistenza durissima delle popolazioni slave contro gli italiani “fascisti e invasori”, una guerra feroce che fece anche vittime innocenti, come in tutte le guerre.

Per ricordare non si possono inventare immaginarie “identità italiane millenarie”, come fa il signor Merlino, almeno che si intenda spostare la data della nascita dell’Italia all’Impero Romano oppure alla presenza della potenza commerciale di Venezia.

La storia è una cosa seria e non la si può plasmare a piacimento. Bisogna distinguere tra storia e memoria: la storia è una materia scientifica, una raccolta di fatti inequivocabili: le interpretazioni e le valutazioni possono poi essere diverse, ma è un dato di fatto, ad esempio, che il 28 ottobre si compì la Marcia su Roma, evento che per i fascisti rappresenta una giornata di festa, mentre per gli antifascisti la fine della democrazia; così come il 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione dal nazifascismo è per i nazifascisti giornata di lutto.

La verità storica non si può imporre con una legge dello Stato… Non si possono improvvisare i numeri degli infoibati e farli diventare fatto storico: lo stesso Merlino nel suo spettacolo parlò di 20.000 infoibati, mentre nel fumetto dice “oltre diecimila”! E il suo sodale Salimbeni scrive: “2.500 persone forse non sono state gettate tutte quante nella vecchia miniera di Basovizza, ma sicuramente fra Basovizza, Monrupino, Abisso Plutone, Corgnale ed altri abissi della zona il quantitativo dei morti può raggiungere tale cifra” . Non si possono confondere i nazifascisti uccisi o giustiziati dalla lotta partigiana slovena e croata con le vittime innocenti delle vendette famigliari tragedia di tutte le “guerre civili” e parlare così di “violenza di massa”. La guerra è crudele sempre, noi, oggi, abbiamo il compito di capirne le cause e le dinamiche per trovare una ragione per non fare più guerre!

Anche la vicenda dell’”esodo italiano” dalle terre occupate, dell’Istria e della Dalmazia, deve essere ricondotta a ragione storica, senza tacere la drammaticità dei fatti, le responsabilità primarie del Fascismo e l’indifferenza ipocrita dei governi democristiani degli anni ’50, che hanno utilizzato in chiave elettorale gli insediamenti “ghettizzanti”, abitati da quei profughi, distribuiti nelle periferie delle città di frontiera e delle grandi città del nord e del centro Italia.

Nessuno può dirsi imparziale davanti alla storia, perché essa ci riguarda sempre, anche ad anni di distanza, ma le Istituzioni repubblicane non possono affidare ad una persona priva degli strumenti rigorosi della ricerca storica, presidente di un Comitato che ha legami con le culture delle destre sovraniste europee, nazionalista e nostalgico del “glorioso impero”, una commemorazione pubblica ufficiale in una Biblioteca civica!

05/02/2020

Coordinamento Biella Antifascista

ANPI Comitato Provinciale Biellese

ARCI Biella Ivrea Vercelli