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Fra un temporale e l’altro di questa fine estate, il mattino di domenica 2 settembre ci regala una pausa di cielo incredibilmente sereno, che permette di salire in Valsessera per l’annuale raduno organizzato dal Comune di Caprile e dalla Sezione ANPI locale, in memoria dei tragici fatti del 1994 in cui trovarono la morte 6 giovani Partigiani. Il ritrovo è come sempre all’Albergo ristorante Noveis, dove la banda Verdi di Coggiola accoglie l’arrivo dei partecipanti con le sue note “resistenti”. Ad arricchire la giornata è la presenza di diversi Partigiani della zona, incuranti della fatica che li aspetta per raggiungere il monumento al culmine della Gradinata della Pace e della Libertà.
Fra uno sguardo al panorama, stamani particolarmente luminoso, ed un occhio fra le felci, per scoprire qualche fungo, il corteo si muove dietro ai numerosi gonfaloni Comunali ed alla bandiere dell’ANPI.
Nella piccola radura fra le betulle che ci ospita, campeggia un cartello che recita:
La battaglia di Noveis
La seconda guerra mondiale segnò la fine della “stagione turistica d’oro” della piccola Svizzera del Biellese. Gli alberghi aprivano i battenti d’estate, ma le schiere di allegri frequentatori vennero chiamati ad altri più veri impegni. La guerra, quella vera, restò lontana e vi giunse solo nel 1944con l’avvento della Resistenza.
La posizione strategica dell’altopiano favorì l’insediamento di alcune formazioni partigiane, con un Distaccamento della 50.a Brigata e un reparto del Battaglione “Creola”.
Il 20 luglio 1944, nel corso di un’offensiva nazifascista, il Distaccamento venne accerchiato e i partigiani, numericamente inferiori e male armati, resistettero solo alcune ore prima di ritirarsi verso il Monte Barone, da dove riuscirono a sfuggire all’assedio.
Durante la battaglia, sette giovani partigiani vennero catturati e fucilati in questo luogo. Solo tre di loro sono stati identificati: Antonio Gobbi, Mario Silvola ed Antonino Toscano, mentre gli altri quattro sono rimasti ignoti.
A fare gli onori di casa, il Sindaco di Caprile, Massimo Paganini, e il Dr. Stefano Marabelli, dell’ANPI Vallesessera, con il nonno Nenello “Aramis”, che di questo Monumento, della Gradinata, e della Memoria di questo luogo è stato il fondatore, l’instancabile divulgatore e l’appassionato custode.
L’Avvocato Gianni Chiorino porta il saluto del Comitato Provinciale dell’ANPI, Associazione che si fregia del titolo di Ente morale. Lancia un monito che è un invito alla cittadinanza attiva: “E’ arrivato il momento di mobilitarci e di nobilitarci perchè ci viene inoculato il veleno che dice che il sovranismo è l’espressione della sovranità citata nell’articolo 1 della Costituzione. Stiamo attenti, perché il sovranismo è l’anticamera del nazionalismo che ha dato luogo alla Prima ed alla Seconda guerra mondiale”. A fugare dubbi sull’autonomia dell’ANPI dai Partiti dice che “ La funzione dell’ANPI, soggetto politico ma apartitico, non è quella di vincere ma quella di convincere”.
Stefano Marabelli divide il suo intervento in due parti. Quello puramente storico, in cui fra l’altro sottolinea che la tesi che i nazisti fossero i cattivi ed i fascisti i buoni che cercavano di limitare i danni sia profondamente errata, e motiva questa sua affermazione portando ad esempio la vicenda del Partigiano Remo Sala, qui catturato, che solo grazie allo scambio di prigionieri proposto da un austriaco sfuggì alla morte cui l’avevano frettolosamente condannato i fascisti italiani della RSI. Nella seconda parte del discorso spiega l’attività dell’ANPI: “Noi ogni anno cerchiamo di fare due cose: la prima è mantenere la memoria di questi eventi” e riflette sulla “differenza fra ricordo (tutto è ricordo) mentre la memoria è qualcosa che ha a che fare con lo spirito, che ci tocca dentro, che quando incontriamo questi eventi non ci imbattiamo in una semplice storia, ma in una cosa che una volta conosciuta ti cambia, ti fa essere un’altra persona”.
Il secondo campo d’azione che sottolinea è: “La seconda cosa è che, come ente morale abbiamo il grande compito di costruire il terreno su cui è possibile il confronto politico, e noi intendiamo la politica nient’altro che la realizzazione dei principi morali dell’uomo”.
Invita a dare un nome alle cose, strappando l’applauso dei presenti:” Il vento del nazionalismo che spira dall’Est è fascismo, dobbiamo dirlo, e noi siamo qui per arginare questa deriva: glielo dobbiamo a questi morti”.
L’orazione conclusiva è affidata al Dr. Giorgio Gaietta, Presidente dell’Istituto per la Storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese ed in Valsesia. Esordisce ricordando la vicenda dei Prigionieri di guerra che scappavano dai campi di prigionia verso la Svizzera: “Nei volti di quei soldati la nostra gente vedeva i volti dei propri figli, fratelli, mariti, mandati a combattere nei Balcani, in Russia, in Africa, di cui non avevano notizie da tempo”.
Non nasconde la preoccupazione e l’angoscia perché pare che non si abbia la percezione di quello che sta accadendo in Europa “Parole un tempo impronunciabili stanno diventando normali” e lancia l’allarme “In una società veloce una democrazia lenta finisce per essere travolta”. Pensando a cosa è successo a metà del secolo scorso crede che sia “Possibile dire no alla sopraffazione, alla violenza, all’egoismo, al cinismo, all’apatia ed alla paura. Se per uscire dalla crisi qualcuno pensa ancora che la soluzione possa trovarsi ispirandosi a modelli totalitari che sconvolsero la storia continentale vuol dire che c’è l’assoluta necessità di tenere viva la conoscenza di quanto avvenne e di riflettere sui passaggi storici fondamentali del nostro Paese perché non tornino a diffondersi i segni della malattia politica che colpì l’Europa a partire dall’Italia”.
Cita le parole di uno scritto di Nuto Revelli “Lo Stato che va a ramengo dopo l’8 settembre, insomma eravamo finiti in fondo al pozzo”.
Avviandosi al finale riflette sul significato della parola Patria:”Non si può condividere l’idea che in quell’8 settembre sia morta la patria. Invece la Patria si è data forme diverse dal ventennio precedente, si è identificata in valori come la libertà, la democrazia, la giustizia sociale, la pace, come recita la nostra Costituzione. E’ di questo che dobbiamo ringraziare razionalmente, prima che dal punto di vista emozionale, i Martiri di Noveis: questo è il grande regalo che ci hanno fatto tutti gli uomini e le donne della Resistenza, che noi siamo chiamati a difendere aggiornando questo regalo ai caratteri della società di oggi. Perché quando le crisi delle Istituzioni e dei partiti si intreccia con la recessione economica si genera un bisogno di sicurezza che può essere più forte del bisogno di libertà, aprendo spazi a culture politiche e sentimenti di chiusura se non di odio”.
Chiude la cerimonia la Santa Messa officiata da don Ezio, poi si ritorna all’Albergo per il pranzo.
La Gemevola ha messo il broncio, nuvole basse ne nascondono la vetta. E’ ora di scendere, ma non di tornare a casa: ci aspettano scuole, piazze, e una quotidiana attività di vigilanza, perché è tempo di una nuova Resistenza.
Luciano Guala
ANPI Vallecervo e Provinciale